EYESTORMING
Alessandra Acocella
L’intervento site-specific realizzato da Nebojsa Bogdanovic nello studio pratese nasce da una suggestione
spaziale.
Quello che a uno sguardo disattento può apparire come uno dei tanti luoghi espositivi caratterizzati da anonime pareti bianche e da un uniforme pavimento di cemento, si è
rivelato per l’artista – sin dai primi sopralluoghi – carico di tracce e indizi a partire dai quali poter avviare un’inedita rielaborazione e riconfigurazione artistica dello spazio in cui è
stato invitato a lavorare.
Macchie di umido, crepe, buchi, chiodi ma anche tubi dell’acqua, tombini, finestre, sono solo alcuni dei tanti “accadimenti spaziali” sui quali si è posato l’occhio di Nebojsa,
nell’incessante ricerca d’imperfezioni visive che – invece di essere lette come un ostacolo – potessero fungere da vera e propria chiave di volta per l’elaborazione del proprio
intervento.
Alcune di queste imperfezioni, eterogenee per forma e dimensione, sono state individuate dall’artista, per poi essere evidenziate e riconfigurate intervenendo con i mezzi pittorici e
grafici direttamente su di esse. E così una serie di chiodi conficcati nel muro è stata il pretesto per elaborare una composizione astratta affidata a un calibrato gioco lineare di fili
sottili e righe tracciate a grafite; il centro di un tombino è diventato il nucleo generatore di una spirale; una finestra è stata il punto di partenza per delle sgocciolature di colore poi
confluite in un grande dipinto murale... Qui forme astratte e figurative, grandi e piccole, chiuse e aperte – molte delle quali appartenenti all’immaginario dell’artista – si mescolano,
creando una mappatura caotica dello spazio, una vera e propria “tempesta visiva”. Eyestorming, il titolo scelto da Nebojsa per il suo intervento, assume così una duplice valenza.
Il suo riferimento semantico alla tecnica del brainstorming, che consiste – com’è noto – nel risolvere un problema proponendo soluzioni disparate senza che nessuna di queste
venga minimamente censurata, rimanda da un lato al processo generativo dell’opera, dall’altro alla sua percezione e fruizione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’atto creativo, l’artista ha traslato su un piano visivo ciò che nella tecnica del brainstorming avviene a livello verbale: qualunque imperfezione
è stata letta dall’artista – senza nessun tipo di selezione aprioristica – come un possibile tassello a partire dal quale risolvere un determinato problema (in questo caso lo spazio
vuoto), al pari di quanto sperimentato da lui in precedenza nelle opere grafiche o pittoriche, in cui i difetti del foglio o della tela diventavano uno stratagemma attraverso cui
vincere la “paura della superficie bianca”. Questa operazione priva di censure messa in atto da Nebojsa nello studio pratese, ha come diretta conseguenza quella di un vero e
proprio bombardamento visivo che investe chiunque entri in relazione con questo spazio. Gli spettatori saranno così stimolati anch’essi a compiere un eyestorming, in quanto la
comprensione dell’intero intervento potrà avvenire solo attraverso una lenta e attenta fruizione dei vari frammenti grafici e/o pittorici disseminati sulle pareti e sul pavimento dello
spazio espositivo.
“Il titolo – afferma l’artista – diventa sia la chiave di ogni lavoro che l’effetto che fa tutto l’insieme. È l’inizio ma è anche la conclusione, è il punto di partenza ma anche l’effetto finale
del tutto. I lavori non sono delineati, non sono separati, non sono individuati... La gente che entrerà nello spazio cercherà i lavori, perché sono dappertutto e a volte non si vedono
quasi. Cercando i lavori gli spettatori si sensibilizzeranno ancora di più per vedere”.